L’aperitivo perfetto? Molecolare e rigorosamente in casa


Pan y tomate con Patanegra e caramella gel di sangria: un brindisi in stile Longino per festeggiare il “ritorno alla normalità” invitando a casa gli amici di sempre. La reinterpretazione in chiave molecolare della più classica delle tapas spagnole. Una ricetta in grado di lasciare di stucco anche il più esigente dei buongustai

Sangria alla frutta, pane, pomodoro e Patanegra: la più classica delle tapas, il più tradizionale degli aperitivi iberici. Sembra già perfetto così… eppure noi di Longino abbiamo voluto migliorare la perfezione chiedendo al nostro company chef Giorgio Guglielmetti di reinterpretare questa ricetta in chiave molecolare.

In questo video potete vedere come ha trasformato la sangria in una caramella gel lavorando la frutta fresca, lo Champagne Grande Reserve Brut J. De Telmont e la Caviar Vodka con il Gellan, l’agente gelificante della Toufood. Ha quindi frullato una fetta di pane tostato in una crema, e ha convertito il Succo Di Pomodoro Mono in una nuvola d’aria servendosi del Sucro. L’unico alimento che non è stato manipolato in alcun modo è lo Jamón Admiracion che trovate già affettato a mano, l’eccellenza tra i Patanegra a marchio Blázquez.

E nell’attesa di condividere con gli amici questo aperitivo gustosissimo ma soprattutto scenograficissimo,  perché non ripercorrere insieme la sua storia?

Come nasce l’aperitivo? Una storia che parte da lontano

Se pensavate che l’aperitivo fosse un appuntamento entrato a far parte delle nostre consuetudini relativamente di recente, beh, vi sbagliavate di grosso.
Come ci suggerisce l’etimologia del nome, aperitivo deriva dal latino aperitivus (il cui significato è appunto “che apre”) e le prime testimonianze a riguardo, risalgono addirittura al V secolo a.C.!
Ippocrate parla infatti di un “vino aromatizzato” dal sapore leggermente amaro, che veniva somministrato alle persone disappetenti prima del pasto, per stimolare loro l’appetito.
E che un cocktail “amarognolo” abbia la prerogativa di scatenare una fame inarrestabile, è cosa che abbiamo – ahimè – imparato benissimo noi che dell’aperitivo difficilmente possiamo fare a meno.

Ma dalle gesta curative dell’Impero Romano all’apericena versione millennial, la strada del pre-pasto è lastricata di molte scoperte significative e personaggi illustri, tutti degni di un brindisi collettivo.

Il primo di questi ha un nome e un cognome: Antonio Benedetto Carpano. È a lui che dobbiamo la creazione del Vermouth. Siamo a Torino alla fine del XVIII secolo, nel 1786 per l’esattezza. Si racconta che Vittorio Emanuele II fosse così appassionato di questo vino bianco moscato, aromatizzato con oltre 30 varietà di piante e spezie e con l’aggiunta di china, da renderlo addirittura bevanda ufficiale di corte. Da bere prima di sedersi a tavola proprio per apprezzare con più gusto le portate luculliane di un menù regale.

Nel corso del 1800 poi, l’offerta di bevande cresce e si differenzia. Da Torino ci si sposta a Milano. È qui, nella “città da bere” – mai claim fu più appropriato – che Ausano Ramazzotti inventa appunto il primo aperitivo non a base di vino, quell’Amaro che porta il suo nome e che ha fatto la fortuna della sua Azienda.
In quegli anni, tutto il nord dello Stivale si trasforma in una “fucina” in cui vengono forgiate bottiglie che ancora oggi sono stappate nei bar e nei locali di mezzo mondo.
In Piemonte, Martini e Rossi inventano il Martini Bianco; a Novara, Gaspare Campari crea appunto il Campari, anche noto come bitter. Sono questi liquori, gli indiscussi protagonisti dei Caffè. Soprattutto prima dei pasti principali, quando vengono degustati insieme a piccoli stuzzichini frugali, come olive e salatini.

Le premesse dell’aperitivo moderno sono ormai gettate.

Con l’arrivo del nuovo secolo l’aperitivo all’italiana si apre a contaminazioni estere e influenze internazionali. Si trasforma, evolve nella sua natura di intermezzo “contenuto” e diventa vero e proprio appuntamento gastronomico.
La prima grande rivoluzione l’abbiamo con l’Happy Hour, una trovata tutta commerciale che arriva direttamente dall’Inghilterra e che concentra in una fascia oraria ben definita – dalle 18:00 alle 19:00 – la possibilità di consumare bevande a prezzi particolarmente vantaggiosi.
Un profondo influsso lo ereditiamo – per fortuna – anche dalla tradizione delle tapas spagnole, regine indiscusse dell’aperitivo iberico. Un’usanza antica, nata nelle osterie dove si era soliti coprire (tapar, in spagnolo) il bicchiere di vino con una fetta di pane e prosciutto.

E così, dalla seconda metà degli anni 2010, dapprima nelle nostre città metropolitane poi anche nel più piccolo dei paeselli, il momento dell’aperitivo diventa l’occasione di ritrovo per antonomasia.
Con tutta la dignità conviviale che ne consegue. A partire dall’accompagnamento culinario alla bevuta. Dalle semplici – e diciamocelo, un po’ tristi – ciotoline con olive, patatine e salatini, si passa a straripanti buffet, ricchi di ogni bendidio.

L’aperitivo cede il passo all’Apericena: è il sovvertimento epocale, il rovesciamento delle parti. Non possiamo più parlare solo di interludio gustoso, ma di pasto a tutto tondo.
Il presupposto temporale che relegava l’aperitivo in una convenzione limitata e limitante, viene a mancare. L’apericena non conosce confini, non conosce orologio. Può cominciare alle cinque del pomeriggio e finire a tarda notte. È diventata l’occasione per uscire, per ritrovarsi, per staccare da una giornata stressante di lavoro o per cominciare “rilassati” il weekend.
Fino all’arrivo della pandemia. Ancora una volta si ribaltano le carte – o meglio, i bicchieri – in tavola.

Aperitivo in casa: una contraddizione in termini?

È passato ormai più di un anno dal primo lockdown, dodici mesi e tre o quattro “zone rosse” che hanno stravolto la nostra routine quotidiana. Un tempo infinito in cui abbiamo imparato a fare la pizza e il pane in casa, abbiamo scoperto la gioia di una parola scambiata tra la finestra e il balcone, siamo stati vicini ad amici e parenti nella lontananza dello schermo di un PC.

In questa chiusura forzata, la vittima destinata all’estinzione sembrava proprio essere l’aperitivo, sinonimo di assembramento per eccellenza... e invece no.
È sopravvissuto, ha saputo difendere il gradino più alto sul podio della convivialità, reinventandosi in chiave 2.0.

Dall’apericena all’aperizoom è stato un soffio.
Niente più solitari venerdì in pigiama, passati sul divano a guardare l’ennesima serie su Netflix.
Ci siamo ritrovati tutti in videocall per un brindisi virtuale ma spensierato.
In sordina, questo new deal sul “fare aperitivo” ha dato il via ad un nuovo modo di concepire l’ospitalità domestica.

Perché quindi non seguire la nostra ricetta molecolare e festeggiare il graduale ritorno alla normalità che l’ultimo DPCM ci ha garantito, organizzando l’aperitivo perfetto con gli amici tra le quattro mura di casa? E che la festa abbia inizio!

3 maggio 2021