Cacio e Pepe
Ricetta classica o gourmet?
Verace istituzione della romanità tutta, la cacio e pepe è uno dei simboli indiscussi della nostra Capitale al pari del Panteon e del Colosseo; punto di riferimento imprescindibile dell’iconografia gastronomica nata nelle piccole “ostarie” dei rioni e delle borgate; nella mente del buongustaio trasteverino è la caput mundi della cucina tradizionale, per tutti noi non “romani de’ Roma” è il primo da ordinare quando si visita la città. Scopriamone insieme storia, ricetta… e ovviamente impariamo a prepararla alla Longino!
“Maccarone m’hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno!” Quale incipit migliore per introdurre l’essenza più succulenta e gaudiosa della cacio e pepe che ricordare la battuta di Nando Moriconi, alias Alberto Sordi, quando in Un americano a Roma, si getta esultante su un piatto ricolmo di spaghetti?
Indimenticabile non solo per l’interpretazione, ma anche perché l’Albertone nazionale in quella scena incarna lo spirito vorace che pervade chiunque si trovi seduto davanti ad una cacio e pepe, un’ebrezza gustativa che ci porta a credere per pochi minuti che quella pietanza altro non sia che il “mejo piatto de’ pasta” che si possa mangiare a Roma.
Ed in effetti, a Roma la cacio e pepe è un paradigma. Un po’ come Totti e l’Olimpico, piazza San Giovanni per il concerto del Primo Maggio, la vista che si gode dal Pincio al tramonto, quando gli storni si esibiscono in mille evoluzioni nel cielo color d’arancio.
Ricetta cacio e pepe: la storia
La storia di questo piatto iconico si perde tra i pascoli laziali, quando i pastori dell’agro romano partivano per i lunghi mesi della transumanza e riempivano la sacca delle provviste con tutta una serie di alimenti nutrienti, che non si deteriorassero nel tempo e fossero facili da trasportare: il guanciale essiccato (immancabile), i pomodori secchi ricchissimi di sali minerali, il pecorino stagionato in grado di durare a lungo e di fornire un buon apporto proteico, i grani di pepe nero che oltre a dare sapore alle pietanze, aiutavano a stimolare i ricettori del calore e quindi contribuivano a proteggere i pastori dalle basse temperature notturne, e ovviamente una buona quantità di spaghetti essiccati, fonte preziosa di carboidrati e di calorie.
Nonostante le origini “burine” – come si direbbe sempre a Roma – questa ricetta frugale si è però ben presto elevata a pietanza cittadina, diventando il piatto più gettonato nelle trattorie dell’Urbe. A decretarne successo e popolarità non è stata soltanto la bontà – su questo nessuno ha da eccepire – quanto la capacità affaristica degli osti romani che avevano l’abitudine di servirla piuttosto asciutta, “secca” insomma, cosicché per “buttarla giù” gli avventori avessero bisogno di bere più vino.
Cacio e pepe ricetta originale
Parlare di una Ricetta con la “R” maiuscola della cacio e
pepe è quanto mai azzardato: non c’è ristorante, trattoria, persino famiglia
romana che non proponga la sua personalissima – e “originalissima” – versione.
Come questo sia possibile, visto che per prepararla bastano solo tre
ingredienti, è forse la chiave alchemica del suo successo: il cacio,
rigorosamente Pecorino Romano Dop, il pepe nero, in grani macinato al momento,
e la pasta. Sì, ma che tipo di pasta?
Le grandi dispute tra amatori si consumano proprio su quest’ultimo ingrediente.
C’è chi utilizza gli spaghetti alla chitarra, proprio come facevano i pastori
dei tempi andati, c’è chi invece sostiene con tifo da stadio che non si può
parlare di cacio e pepe se non si usano rigatoni o tonnarelli, opzione questa
aborrita dai puristi perché si tratta di una tipologia di pasta troppo porosa e
quindi si rischia che il condimento si asciughi troppo, compromettendo
irrimediabilmente la riuscita del piatto.
Soprassedendo sul formato della pasta – scegliete secondo il
vostro gusto, ma scolatela rigorosamente al dente – il vero segreto per una
cacio e pepe gourmet è tutto racchiuso nella cremina!
Ebbene sì. Sembra facile, ma per prepararla alla perfezione – avvolgente,
vellutata e cremosa – ci vuole maestria e qualche piccola accortezza. In questa
video-ricetta il nostro company chef, Giorgio Guglielmetti
ci mostra come realizzarne una in grado di soddisfare anche il più borgataro
dei cuochi di borgata.
Noi abbiamo scelto di usare gli spaghetti. Non ce ne vogliano coloro che amano i rigatoni.