

È la regina delle osterie romane, la versione più opulentemente golosa del comfort food di matrice italica. È la pasta più conosciuta, omaggiata e soprattutto la più ordinata nei ristoranti italiani di tutto il mondo. Tra i puristi della tradizione – che la vogliono preparata solo con rosso d’uovo, guanciale dei Castelli, pecorino romano, pepe nero in grani – e le infinite interpretazioni che ne sono state fatte, proviamo a dare risposta ad una delle domande che maggiormente assillano noi buone forchette: come si fa la carbonara? Tra aneddoti divertenti, falsi (e veri) miti, segreti “der mestiere”, ripercorriamo insieme la sua storia. Con tanto di scarpetta finale per ripulire il piatto
Se nasci riso in bianco un poi morì carbonara: si
dice così a Roma, di quelle persone tristi, insipide, poco brillanti e alquanto
banali che difficilmente restano nell’occhio e che ancora più difficilmente
sono in grado di trovare soluzioni creative o rispondere in maniera puntuale.
Un paragone che potrebbe sembrare azzardato, ma che in realtà centra in pieno
l’essenza stessa di questo piatto: un trionfo di colore che fa brillare gli
occhi di allegria, l’esaltazione del profumo che sprigiona immediati sospiri di
approvazione, la pienezza del gusto che avvolge cremoso il palato… ma
soprattutto la gioia e il buonumore. Perché la carbonara non è una semplice pasta,
è una vera e propria istituzione del sapore, baluardo a difesa di tutte quelle
tavolate conviviali dove a fare da protagonista sono le risate soddisfatte dei
commensali.
Storia della carbonara: un mix & match italo-americano
Se è vero che la carbonara è di diritto acquisito la ricetta
di Roma per antonomasia, la sua nascita non è poi così puramente romanesca.
Per farla breve, se la mamma è la Capitale, il papà sono gli Stati Uniti.
Ma cominciamo dal principio, perché in queste storie di famiglia, gli inizi
sono importantissimi.
Narra la leggenda, infatti, che il 22 settembre del 1944, in una Riccione
appena liberata dai Tedeschi, un giovane cuoco di origine bolognese, tal Renato
Gualandi, venisse ingaggiato per cucinare in occasione dell’incontro tra
l’Ottava Armata inglese e la Quinta Armata americana. Come si può facilmente
immaginare, gli ingredienti a sua disposizione per preparare un pranzo degno
dell’occasione erano piuttosto scarsi. Tuttavia, come lui stesso raccontò in
seguito: «Gli americani avevano del bacon fantastico, della crema di latte
buonissima, del formaggio e della polvere di rosso d’uovo. Misi tutto insieme e
servii a cena questa pasta ai generali e agli ufficiali. All’ultimo momento
decisi di mettere del pepe nero che sprigionò un ottimo sapore. Li cucinai
abbastanza “bavosetti” e furono conquistati dalla pasta».
Di necessità virtù, si potrebbe dire. Ma per essere più appropriati, di
necessità in un mito della cucina italiana di sempre.
Ricetta carbonara: tra purismo e reinterpretazioni
Tradizione vuole che gli ingredienti per una perfetta
carbonara siano cinque: la pasta, spaghetti o rigatoni, il guanciale, del pecorino
romano, tuorli d’uovo e pepe nero in grani. Punto, nient’altro.
Di questo i puristi della carbonara, con atteggiamento fondamentalista, si sono
istituiti paladini in tutto il mondo, reale, virtuale e persino televisivo. Vi
ricordate la pubblicità di un noto contest televisivo sulla cucina in cui i
conduttori – tre chef stellati – cadono a terra senza vita uno dopo l’altro,
man mano che due amici intenti a prepararsi un piatto di carbonara, sostituiscono
il pecorino romano con il parmigiano, il guanciale con la pancetta e propongono
di aggiungere della panna al sugo per farlo più cremoso?
Battute e spot pubblicitari a parte, il segreto per una deliziosa carbonara
cremosa e nel metodo di preparazione. In questa video-ricetta il nostro company chef, Giorgio Guglielmetti,
ci mostra la tecnica corretta… e suggerisce una piccola, ma super deliziosa,
variazione di ingredienti: al posto del guanciale nostrano, dell’eccellente
guanciale di jamon iberico. Siamo sicurissimi che anche il più purista dei
puristi approverà.