La tradizione dei crudi di mare
Dalla Puglia al Giappone, dalle tagliatelle di calamaro al sushi
Il mare offre tesori che alcune tradizioni culinarie hanno imparato a celebrare nella loro forma più pura, quella cruda. I crudi di mare rappresentano la più alta espressione del rispetto verso le materie prime, un omaggio alla loro freschezza e alle loro qualità che attraversa continenti e culture, collegando in un invisibile filo gastronomico luoghi geograficamente lontanissimi tra loro.
Dall'azzurro cristallino del Mar Mediterraneo che bagna le coste pugliesi alle acque profonde che circondano l'arcipelago giapponese, l'arte di consumare il pesce crudo ha seguito percorsi paralleli ma sorprendentemente simili. Le crudités raccontano storie di comunità che vivono in simbiosi con il mare, di generazioni che hanno tramandato antichi saperi sulla stagionalità delle specie, sulle tecniche di pesca sostenibile, sulla preparazione e conservazione.
Pur appartenendo a contesti culturali e geografici così distanti, la Puglia e il Giappone condividono un approccio quasi spirituale al consumo del pesce crudo. In entrambi i casi, la lavorazione minimale esalta piuttosto che nascondere, la qualità della materia prima diventa valore assoluto, e il gesto del mangiare si trasforma in rituale


La tradizione dei crudi in Puglia
La tradizione pugliese dei crudi affonda le sue radici in un passato remoto. Qui, il consumo del pesce crudo non è una moda recente, ma una pratica ancestrale che ha attraversato generazioni, trasformandosi nel tempo in una raffinata espressione di gastronomia territoriale. La pratica di mangiare pesce crudo si è gradualmente trasformata in una sofisticata espressione gastronomica, pur mantenendo intatta la sua essenza di semplicità e rispetto per la materia prima.
Protagonisti indiscussi di questa tradizione sono i ricci di mare, la cui raccolta e consumo rappresentano uno dei rituali gastronomici più caratteristici della regione. Accanto ai ricci, i gamberi costituiscono forse il prodotto più pregiato della tradizione del plateau di crudi. Questi crostacei dalle carni dolci e dalla consistenza burrosa vengono tradizionalmente serviti semplicemente sgusciati e conditi con un filo di olio extravergine di oliva e qualche goccia di limone.
La Puglia dei crudi celebra anche altri tesori marini: le ostriche, gli scampi, le cozze, i tagliolini di seppia e calamaro tagliati finemente al coltello, le acciughe, che i pescatori più esperti sanno sfilettare con maestria impareggiabile, eliminando con precisione le lische più sottili.
Dai banconi dei mercati del pesce di Bari e Taranto, dove il crudo si consuma in piedi con un bicchiere di vino bianco locale, fino ai ristoranti stellati del Salento, ogni contesto offre una diversa lettura di questo patrimonio gastronomico. La materia prima resta protagonista, ma si arricchisce di contaminazioni, tecniche moderne e abbinamenti audaci che proiettano la Puglia nel panorama della cucina d’autore internazionale.


L'arte del sushi e del sashimi in Giappone
A migliaia di chilometri dalla costa pugliese, l'arcipelago giapponese ha sviluppato una propria straordinaria cultura del pesce crudo, elevandola a forma d'arte e a manifestazione di una profonda filosofia culinaria. Il sushi e il sashimi rappresentano l'apice di questa tradizione, diventando rituale, estetica e meditazione.
La storia dei crudi di mare nella cucina giapponese affonda le sue radici in epoca antica. Si ritiene che già nel periodo Yayoi (300 a.C. - 300 d.C.) esistessero forme primitive di conservazione del pesce attraverso la fermentazione con riso e sale, un processo che avrebbe poi dato origine al sushi. Fu però durante il periodo Edo (1603-1868) che si sviluppò la tradizione del sashimi, fette sottili di pesce crudo servite senza riso, consolidandosi come espressione ancora più purista dell'apprezzamento per la qualità del pescato.
Le tecniche di taglio (kirikata) rappresentano forse l'aspetto più sofisticato dell'arte giapponese del crudo. Ogni varietà di pesce richiede un approccio specifico, determinato dalla sua anatomia e dalle caratteristiche delle sue carni. La direzione del taglio rispetto alle fibre muscolari del pesce influenza profondamente la percezione di consistenza e sapore in bocca, e uno chef esperto sa orientare la lama in modo da ottenere l'effetto desiderato per ogni varietà.
La presentazione è parte integrante dell'esperienza del crudo in Giappone. La disposizione del sashimi sul piatto segue precise regole compositive che creano equilibrio tra colori, forme e volumi. I tagli di pesce sono disposti come in un giardino zen, spesso accompagnati da elementi decorativi stagionali come daikon, fiori commestibili o alghe.
La biodiversità marina che circonda l'arcipelago giapponese ha permesso lo sviluppo di un repertorio vastissimo di specie utilizzate per i crudi. Il tonno occupa un posto d'onore, con le sue diverse parti valorizzate separatamente: dall'akami (parte magra), fino all'otoro (la parte più grassa e pregiata). Altre specie fondamentali includono l'orata, considerata di buon auspicio, il salmone, la ricciola (hamachi) e numerose varietà di frutti di mare come i ricci, le capesante e i gamberi.
I condimenti e gli accompagnamenti nella tradizione giapponese sono minimalisti ma essenziali. La salsa di soia viene applicata dal maestro direttamente sul pesce prima di servirlo; il wasabi viene grattugiato fresco e servito in piccole quantità per non sopraffare il sapore del pesce; lo zenzero marinato serve per pulire il palato tra un boccone e l'altro.
Questa concezione quasi sacrale del cibo crudo si riflette anche nel linguaggio: in giapponese, il verbo "itadakimasu", pronunciato prima di iniziare il pasto, significa letteralmente "ricevo con umiltà", esprimendo gratitudine non solo verso chi ha preparato il cibo, ma anche verso tutti gli esseri viventi che hanno contribuito al pasto, incluso il pesce che ha sacrificato la sua vita.